martedì 1 gennaio 2013

De rerum natura (libro II, vv. 1-19)

È dolce, quando i venti sconvolgono le distese del vasto mare,
guardare da terra il grande travaglio di altri;
non perché l’altrui tormento procuri giocondo diletto,
bensì perché t’allieta vedere da quanti affanni sei immune.
È dolce anche guardare le grandi contese di guerra
ingaggiate in campo, senza alcuna tua parte di pericolo.
Ma nulla è più dolce che abitare là in alto i templi sereni
del cielo saldamente fondati sulla dottrina dei sapienti,
da dove tu possa abbassare lo sguardo sugli altri e vederli
errare smarriti cercando qua e là il sentiero della vita,
gareggiare d’ingegno, competere per nobilità di sangue,
e sforzarsi giorno e notte con straordinaria fatica
di giungere a eccelsa opulenza e d’impadronirsi del potere.
O misere menti degli uomini, o animi ciechi!
In quale tenebrosa esistenza e fra quanto grandi pericoli
si trascorre questa breve vita! Come non vedere
che null’altro la natura ci chiede con grida imperiose,
se non che il corpo sia esente dal dolore, e nell’anima goda
d’un senso gioioso sgombra d’affanni e timori?



- Lucrezio (Tito Lucrezio Caro) -